Un piccolo fagotto in spalla, con dentro giusto l’essenziale, e via, in giro per il mondo. Questo era il mio ideale di vita a sei anni. Ora ho qualche anno in più, ma l’idea è rimasta: l’idea del viaggio come scoperta, avventura e libertà. Così, da qualche annetto, ho iniziato a prendere i primi aerei, e ad atterrare in posti lontani, nuovi e meravigliosi. Finita l’università, grazie al mio lavoro e alle strane coincidenze della vita, i viaggi sono diventati sempre più numerosi e sempre più lunghi. E spesso, dall’altra parte del mondo, mi ha aiutato molto leggere le esperienze di chi era passato di là prima di me.

E allora eccomi qui, a raccontarvi le mie piccole avventure, per darvi qualche consiglio, e per cercare di “contaminarvi” col mio entusiasmo e convincervi che vale davvero la pena, di salire su quell’aereo.

giovedì 4 dicembre 2014

QUANDO LA NONNA NON HA TUTTI I TORTI


Da inguaribile ottimista quale sono, l’ultima cosa a cui penso quando parto è che in viaggio possa succedermi chissà che, e quindi il massimo di prevenzione sanitaria che mi concedo sono un pacchettino di cerotti.
Quest’anno sembrava che il mio ottimismo fosse stato premiato, erano gli ultimi giorni a Bangkok, e mi aspettava a breve un aereo per Hong Kong, dove avrei dovuto girare le ultime immagini per il fashionfilm. Erano quindi previsti giorni vari di feste, uscite, nonché chiaramente l’ultima tappa al chatuchak. E invece… una sera vado con un collega al Terminal 21, e ci sediamo a mangiare in uno dei tanti ristorantini della foodcourt, dove avevamo già mangiato un sacco di volte. Ordino un ramen. Un ramen, capite? Un brodino giapponese con tagliatelle, miso e una fettina di carne per dare un po’ di sapore. Dopo giorni di cibi speziati, frutta mangiata per strada e litrate di latte di cocco. Un semplicissimo ramen. E niente, mi sono presa un’intossicazione alimentare. Ora non so se sono io, ma per me un’intossicazione alimentare non è sto male un paio di giorni e poi finisce lì. No. E’ una vera tragedia. Dopo una notte d’inferno, la mattina, in preda ai deliri della febbre e della disidratazione, mi hanno portata in ospedale (ironia della sorte, il giorno prima un mio amico mi aveva detto che dovevamo andare a farci un giro “perché gli ospedali di Bangkok sono molto belli”… se non è una gufata questa) e lì mi hanno fatto tutti gli esami possibili e immaginabili, per assicurarsi che non fosse nulla di grave. Dopo qualche ora, mi hanno rispedita a casa con una scorta decennale di medicinali, e sono rimasta chiusa in camera d’albergo a mangiare esclusivamente riso in bianco per quattro giorni (ammetto di essermi fatta una foto sul lettino d’ospedale con tanto di flebo da mandare a vari amici e parenti, ma credo che ve la risparmierò…).
Tutto questo per dirvi, viva l’ottimismo e la spensieratezza sempre e comunque, ma magari portatevi dietro qualche pastiglietta in più, e fatevi un’assicurazione sanitaria prima di partire (non avevo fatto neanche quella…). Mannaggia a me che non ascolto mai la nonna…


Nessun commento:

Posta un commento